
LA STORIA
Il territorio di Tresnuraghes presenta diversi esempi di monumenti e/o insediamenti di epoca preistorica: in località "Oddine", all'altezza del km 9,500 della strada per San Marco-Torre Foghe e sulla destra a 150 metri dal ciglio della carreggiata, un centro per la lavorazione dell'ossidiana proveniente da Monte Arci con probabile insediamento abitativo e rinvenimento di reperti di vasellame e oggetti di uso domestico; nel colle di San Marco, lungo il crinale prospiciente la vallata in cui è situata la Regia Cartiera, sono presenti alcune Domos de Janas, dette dai tresnuraghesi "Sos furrighesos"; lungo la vecchia strada per San Marco, in località "Pischinàinos" si trovano un bètile e i resti di una tomba di giganti, quelli di una seconda non lontano dal nuraghe " Maltìne" e un dolmen in località "Mara Pala", denominato "Su jù malmuràdu" (= il giogo pietrificato, così detto perché una vecchia leggenda racconta di un contadino che al passaggio del simulacro di San Marco lungo il sentiero vicino al terreno che stava arando non assunse un atteggiamento di deferenza e per questo fu pietrificato dal Santo insieme al suo giogo di buoi).
A poca distanza dalla strada provinciale 129/bis e dal ponte lungo il Rio Lobos, in località "Su 'e s'olìa" stanno un gruppo di Domos de Janas su un lato del Rio e sull'altro un torrione roccioso sulla cui sommità è stata costruita una tomba realizzata in parte utilizzando le cavità della roccia e in parte dei massi di basalto nero opportunamente sistemati.
Presenti nel territorio diversi nuraghi: anzitutto i tre che hanno dato il nome al paese e che erano entro il perimetro urbano: quello posto nel rione del centro storico denominato "Su Bastione" (l'unico di cui esistono pochi resti inglobati nell'orto di una casa privata), il secondo nella contrada di "Sa Zima" in corrispondenza delle vecchie carceri mandamentali (pare che queste almeno in parte siano state costruite utilizzandone le pietre), il terzo situato secondo alcuni nel rione de "Sa Murighèssa" e secondo altri nella località di "Iscàla" immediatamente adiacente al centro abitato; resti di altri si rinvengono nelle rispettive località ( Binzas d'ulimu,, Nuraghe 'e polcos, Benas, Terrùla, Santa Maria, Coltìnas, Maltìne, Salamùra, Tepporo (per dimensioni e caratteristiche fa pensare ad una vera e propria "reggia nuragica"), Nani (l'unico fra tutti che presenta la volta interna ancora intatta), Muras, Balbaraìdda, Oltìlo, Magumàdas (sul ciglio del colle di san Marco che fronteggia la Regia Cartiera).
Interessanti anche alcune chiese. Di probabile origine templare ( l'ordine dei cavalieri del Tempio fu attivo tra il 1118 e il 1312) quella di S. Antonio, prima dedicata a S. Maria di Itria o (successivo) de Idili; il toponimo Idili da il nome all'attuale rione di "Pianu Idili", la parte alta del paese. In questa zona alcuni sostenitori di Giovanni Maria Angioy nel 1796 fermarono un corriere del Vicerè di Sardegna portatore di una lettera da cui capirono che la loro causa ( la ribellione contro i feudatari ) non avrebbe più avuto alcuna probabilità di riuscita per l'abbandono della causa da parte dello stesso Vicerè.
Ha origini alto-medievali la chiesetta di San Giovanni, situata nella località di " Santu Giuanne"; di essa rimangono i resti dei muri perimetrali e, sotto un alto tumulo di pietre, i resti dei morti tumulati nella stessa chiesa e nell'attiguo cimitero. La lavorazione a vigneto del terreno su cui essa sorgeva ha restituito alla luce nel secolo scorso anche monili, statuette (pare anche una statuetta in bronzo di San Pietro) e monete di varie epoche. Altrettanto è avvenuto in varie epoche nella vicina località di " Santa 'Ittòria ".
Di probabile periodo giudicale è "Su crastu ladu" (=la pietra piatta). E' un masso basaltico che aveva forse la funzione di segnale di confine; riporta alcune lettere e croci e si trova nel rione di "Pianu Idili", sul lato della Via San Marco che immette poi nelle strade che conducono alla omonima chiesa campestre e a Torre Foghe.
All'nterno del paese, cinquecentesco è "Su Palatteddu" de Mossèn Miali, anticamente sede del Monte Granatico che, acquistato dalla parrocchia nella prima metà del 1700, divenne successivamente proprietà della famiglia Brisi. E' adiacente alla attuale Piazza Giovanni XXIII ed è il più antico edificio esistente nel perimetro abitato del paese.
Della fine del seicento è la Chiesa di San Lorenzo, posta lungo la Via Roma di fronte al bel palazzo della famiglia Brisi. Fu costruita dal vescovo di Bosa Mons. Giorgio Sotgia Serra in seguito ad esplicita donazione di un sacerdote, realizzando anche un altare di legno dorato visibile ancora fino agli anni sessanta. ed ora perduto. Vi si pratica anche il culto della Madonna del Carmelo e più anticamente quello di San Giuseppe. Nelle intenzioni dei costruttori avrebbe dovuto avere annesso un convento che però non fu mai realizzato. In questo stesso periodo, ancora come effetto del fervore religioso portato dal concilio di Trento, furono erette e/o restaurate anche altre chiese come quella scomparsa di S. Maria Maddalena, situata nell'omonimo sito presso la località di "Padronigheddu"; a ricordo di questo culto rimane una delle tre campane della parrocchiale di San Giorgio ad essa dedicata con relativa iscrizione.
Di questo stesso periodo se non addirittura antecedente (il culto di S. Tommaso in Sardegna ha origini bizantine) è la Chiesa di Santa Croce, anticamente Oratorio di San Tommaso apostolo. Da vecchia data è la sede delle confraternite di Santa Croce e del Rosario. Posta sulla curva prospiciente il Largo Sebastiano Moretti ( Via Santa Croce ancora nel 1800), nel 1868 fu ridotta nelle sue dimensioni con l'eliminazione di una parte dell'entrata e dell'attiguo cimitero onde permettere l'ampliamento della strada per Cuglieri.
Della seconda metà del settecento è "Sa domo 'e su Malchèsu", posta in Via San Giorgio e attualmente casa Naitana. Questa casa baronale fu fatta costruire dal Marchese della Planargia e Conte di Sindia Antonio Ignazio Paliacio, quando nel 1756 la Planargia gli fu concessa prima in feudo e poi in allodio nel 1758 per aver sposato Angela Fundoni Olives, figlia di don Giuseppe Olives, a sua volta feudatario della Planargia dal 1698 al 1756. Non risiedette mai stabilmente a Tresnuraghes, affidando ad avidi "fattori baronali" il compito di curare i propri interessi e la riscossione dei tributi nel feudo. Il figlio Gavino (1727-1795) fece una brillante carriera militare e fu coinvolto e ucciso a Cagliari nel 1795 durante i tumulti anti-sabaudi.
La chiesa di San Marco nella omonima località a circa nove Km al paese ha origini incerte (non si sa se bizantine o spagnole). Di certo gli spagnoli " hanno senz'altro introdotto la figura del "hermitano", comunissima nei monasteri e nei santuari pirenaici. Presso il nostro santuario campestre esiste ancora, spogliata dalla sua antica funzione, "sa domo de s'eremita", che eremita non era, come sembra indicare il nome, ma il custode. Egli aveva diritto all'alloggio, di coltivare un piccolo appezzamento di terreno attorno alla chiesa, di portare in giro per io villaggi il "santino" dentro una teca, a tracolla, e ricevere così le offerte (non l'elemosina). Godeva il rispetto di tutti e durante i giorni di novena e di sagra veniva coccolato e fornito abbondantemente di viveri. Suo esplicito dovere era quello di far custodia, di tener pulita la chiesa e fare manutenzione ordinaria, come sostituire qualche tegola rotta del tetto o dare una mano di latte di calce ". (1)
Scomparsa questa ormai leggendaria figura, è rimasta a noi una festa di San Marco ricca di fede, storia, leggenda, folclore e tradizione. Numerosissimi sono i fedeli che presenziano alle funzioni religiose e alla processione a piedi del santo, compresa quella della "benedizione dei campi", la mattina della festa sul colle dove sorge la piccola chiesa. "La devozione per questo Santo – scrive Ottorino Mastino – va ricercata nel fatto che nel tempo della peste gli abitanti del paese si trasferirono sul colle di S. Marco vicino alla chiesa e si salvarono dall'epidemia". (2) "C'è sempre un fondo di verità nelle memorie tramandate dalla oralità popolare. Ma più che il trasferimento dell'intera popolazione crediamo si debba pensare al trasferimento, più logico, dei soli malati. Le chiese campestri, infatti, per la loro distanza dai paesi, hanno offerto spesso durante le epidemie alcune norme di sicurezza adeguate per essere utilizzate come lazaretti…. Lazzaretto e "rimedio" contro due calamità: le epidemie e gli assalti dei saraceni, che dalla non lontana Tunisia continuarono con le loro incursioni fino al 1806. La devozione a S. Marco è legata ugualmente alle due calamità". (3) Questa è ammantata anche di leggende; oltre a quella de "su jù malmuràdu", si se ne tramanda un'altra detta "Su siddàdu 'e Santu Malcu" (il tesoro di San Marco) o "Sa labìa 'e Santu Malcu (la caldaia di San Marco). La riportiamo come trascritta nel 1925 dal Bottiglioni. (4) "A Tresnuraghes, una volta, c'era una grande donna che si chiamava Rosa. Si sposò che era ormai vecchia con un uomo di nome Giosuè. Una notte le apparve in sogno S. Marco e le disse di recarsi in un certo luogo portando con sé un essere animato (il cane o il gatto). La donna non raccontò il sogno al marito e la notte successiva, credendo ch'egli dormisse, si levò piano, prese il gatto e si diresse verso il luogo indicatole dal Santo. Ma il marito non dormiva; si levò a sua volta e la seguì portandosi appresso il bue. Giunta nel luogo indicato la donna vide comparire improvvisamente una schiera di uomini vestiti di bianco e, in mezzo a loro, una enorme caldaia (labìa) piena di soldi. Lanciò il gatto nella caldaia e gli uomini scomparvero. Già rimpiangeva che non fosse con lei il marito per aiutarla a trasportare a casa tutto quel ben di Dio, quando sentì una voce alle sue spalle che gridava: - Eccomi!
La donna si spaventò a tal punto che le rimase la bocca storta. Ma presto riempirono le bisacce e, caricatele sul bue rientrarono in paese. Siccome il santo nel sogno di costruirgli con quei soldi una chiesa, dopo un po' di tempo la chiesa venne eretta e con essa altre case a fianco, una per gli obreris, una per il priore ed altre, più piccole, per i confratelli. Da allora, tutti gli anni, il 25 aprile, si celebra a Tresnuraghes la festa di S. Marco".
La festa, organizzata dalla Confraternita di S. Croce e condotta anche da quella del Rosario, è sempre stata occasione di incontro e di socializzazione di tutta una comunità e di essa con i forestieri sempre presenti in gran numero; ad essi non è stata mai fatta mancare una squisita ospitalità. Si assiste sempre e da tempo immemorabile alla distribuzione del pane benedetto, del vino, della pecora bollita e della carne ai confratelli. Classico è l'offerta di "su tundu", il pane che fino agli anni cinquanta era fatto in casa e costituiva occasione di impegno e di incontro tra le donne del vicinato del donatore.
Interessanti, anche se bisognose di urgenti lavori di restauro, sono le tre torri costiere di Columbargia, S'Ischìa Ruggia e Foghe. Avevano il compito di avvistare in mare i velieri nemici e di segnalarne la presenza alle altre torri con sistemi di comunicazione che andavano dall'accensione di fuochi, ai segnali di fumo e agli spari con le bocche da fuoco in dotazione. (5)
Torre di Columbargia o Pesquellas. Delle tre è la più antica. E' già esistente nel 1572. Fin dall'inizio fu armata con due pezzi di artiglieria di ottima potenza, che però non ebbe più in dotazione dall'inizio del 1700 per la mancanza dell'artigliere. Il suo servizio era pagato dai tributi di tutti i paesi della Planargia e rimase in attività fino al 1842.
Torre di Ischìa Ruggia o Inscla Rubia. Nei documenti è citata a partire dal 1580. Alla sua attività (era servita da un "alcaide" o comandante e da due soldati) contribuivano finanziariamente tutti i paesi della Planargia . L'attuale scala di accesso in muratura risale al 1800 e sostituì la vecchia scala di legno. Operò anch'essa fino al 1842.
Torre di Foghe o Fogodolla. Controlla una posizione strategica molto importante e non si può risalire con certezza alla data della sua costruzione. Si sa però che per costruirla furono spesi trecento scudi e che fu restaurata nel 1604. E' comunque riportata su una carta del 1577 e dipendeva dall'amministrazione delle torri di Sassari. A partire dal 1700 era servita da due soldati e armata con un cannone. Ebbe un'interruzione di attività ma poi la riprese fino al 1842.
Ulteriori approfondimenti nelle schede relative alle torri costiere.
Sito caro ai tresnuraghesi e non solo è Sa balca ilfàtta (la nave distrutta). Questo il nome di una località della costa di Tresnuraghes, circa a metà strada tra Punta Alàbe e Columbargia. Essa fu così denominata per una tragedia del mare capitatavi nella tarda mattina del 2 novembre 1810. Quel giorno, a causa di una tremenda tempesta di maestrale, una nave spagnola ( si chiamava Vencedor ) si schiantò sulla scogliera a pochi metri dalla riva. Il Vencedor cinque anni prima (il 21 ottobre 1805) aveva partecipato alla battaglia di Capo Trafalgar contro i francesi. Essa era armata con 74 cannoni e si dirigeva vero Gibilterra al comando del tenente di vascello Mr. John Cook e con un equipaggio di 70 marinai inglesi. Nel naufragio morirono e rimasero dispersi 14 di essi; gli altri, a stento e nel caos più totale, riuscirono a salvarsi e, aiutati dalla popolazione locale e dalle autorità della Marina, raggiunsero Bosa. Ancora oggi, quando il gioco delle correnti li scopre, si possono vedere a pochissimi metri di profondità i resti del fasciame e di un albero dello sfortunato Vencedor.
Per saperne di più leggi i seguenti articoli:
SA BALCA ILFATTA HA FINALMENTE UN NOME Interessante scoperta su un naufragio del secolo scorso a cura di BILLIA MURONI e ANTONIO SALEZZARI
IL FANTASMA DEL VENCEDOR a cura di ANTHONY MURONI In "L'Unione Sarda" del Marghine-Planargia di martedì 1 febbraio 2000
21. NOTE
22. Billia Muroni, Il tesoro di S. Marco, S'Alvure, Oristano, 1989, pag. 18.
(2) Ottorino Mastino, Tresnuraghes, tra feste e leggende con contorno turistico, in Dialogo, quindicinale della Diocesi di Alghero-Bosa, 31 maggio 1988, pag. 6.
(3) Billia Muroni, Il tesoro di S. Marco, S'Alvure, Oristano, 1989, pag. 21.
(4) Billia Muroni, Il tesoro di S. Marco, cit., pagg. 26-27.
(5) Le notizie sulle torri costiere sono tratti dalla pubblicazione Alcaidia delle Torri a cura di Salvatore Ganga – Billia Muroni – Pier Gavino Vacca, pagg. 15-16.
SU NURAGHE NANI
Si trova sul ciglio della strada a destra del riu Mannu: è un nuraghe monotorre dalla circonferenza di 38 m, con l'ingresso a sud sovrastato da architrave regolare con finestrino di scarico. Nell'andito, lungo 4 m e largo 1,2, si trova a sinistra la scala mentre manca la garitta. La camera eccentrica del diametro di 4 m è arricchita da due nicchie equidistanti strette e profonde. Il nuraghe è circondato da un doppio muro concentrico a sfoglie spesso in tutto 3 m. Da un lato il muro si interrompe; dall'altro invece è alto 5 m e presenta una torretta di 6 m di diametro con l'ingresso piattabandato volto a sud-est. Nel pendio sotto il nuraghe si trovano i resti d'una decina di capanne circolari e qualche tratto di muro rettilineo: avanzi di età nuragica e romana confermati anche dai reperti ritrovati.
(Fonte: oristanosardegna.eu) - Autore: Eugenio Lugliè
La possente muraglia megalitica di Albaredda
Si estende per 200 metri sull' altopiano di Sa Sea, con spessore medio di 3 metri.
Da: Moravetti, Alberto (2000) Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia: la Planargia: analisi e monumenti: parte seconda. Sassari, Carlo Delfino editore. 591 p. (Sardegna archeologica. Studi e monumenti, 5).
Strada romana a Nord di Cornus indicante il territorio di Tresnuraghes
DOMUS DE JANAS E TOMBE DEI GIGANTI
"Domus de janas", tombe prenuragiche scavate nella roccia, situate lungo il pendio, che da San Marco degrada verso la cartiera. Come tante altre "domus" sparse nell'isola, anche queste sono del tipo più semplice, cioè formate da pochi ambienti: vestibolo, anticella e camera sepolcrale dove veniva deposta la salma, rannicchiata, col suo corredo (armi, ornamenti, stoviglie ecc.). "Domus de janas" significa "casa di fate", abitatrici di questi antichissimi sepolcreti, secondo la fantasia popolare. Stando al Wagner, "jana" deriverebbe da Diana, la dea cacciatrice. I protosardi praticavano una religione naturalistica.
(Dall'opuscolo Tresnuraghes, Itinerari storici di Francesco Dessì)
Tomba dei giganti
L'ANTICA STRADA DEI MULINI
Resti di antico opificio idraulico nel territorio di Tresnuraghes
Il mulino è individuato nel Catasto del Real Corpo di Stato Maggiore Generale (Catasto De Candia) (tavoletta 4, Comune di Tresnuraghes, anno 1849) sulla destra idrografica del Rio Mannu. L'opificio è riportato nella cartografia I.G.M. F° 206, in scala 1:100.000 ("Macomer", ril. 1899) e nel dettaglio in scala 1:50.000 (F° 206 IV "Bosa"). Nel Foglio 10 in scala 1:2.000 del primo impianto del catasto del Comune di Tresnuraghes (ante 1931) è riportato presso la sponda destra del Rio Mannu. In particolare, lungo questo fiume, i documenti catastali ufficiali, nel tratto a partire dal ponte Luzzanas in direzione della foce, riportano circa 35 costruzioni associabili a opifici idraulici.
Il rudere, caratterizzato da una porzione di muratura in elevazione, ha una forma in pianta a L e presenta una tessitura muraria costituita da trovanti di dimensioni varie e di origine essenzialmente vulcanica, con rinzeppature e inserimenti di ciottolame. E' presente un'apertura alla base di un prospetto, sormontata da un architrave costituito da un unico masso allungato, correlabile con l'innesto della gora e, quindi, del flusso idrico al mulino.
I nomi degli antichi molini presenti nel territorio di Tresnuraghes sono: (in ordine, da Ponte Mannu verso Foghe) Ponte Mannu, Lobos, Funtanedda, Su 'e sa Rocca (Oddeu), Su 'e s' Olia, Mesucchiu ( Su 'e tiu Calmine), Su 'e s'Aranzu, don Giaime (2 mol.), Pattalza (2 mol.), Su 'etiu Peppezzone, Bantineddu, Su 'e tiu Bumba, Piriddu (Su 'e tiu Fabianu-Su 'e Grogu Seda), Traigolzos.
(Dall'opuscolo Tresnuraghes, Itinerari storici di Francesco Dessì)
SA FABBRICA - LA STORIA DELLA REGIA CARTIERA
Fu progettata da don Vittorio Boyl e finanziata dal duca Del Genovese e da Vittorio Emanuele I per risollevare l'eco-nomia del paese e dell'intera zona. Iniziata a costruire nel 1809 si dimostrò subito opera di difficile realizzazione, onerosa e di dubbia utilità economica. Si pensò allora ad una fabbrica della seta ma i tecnici stimarono meno nociva per l'erario la perdita delle somme già spese, piuttosto che la prosecuzione di <una impresa mal pensata e peggio diretta>>.
Video tratto da ORNEWS