IL VENCEDOR

IL FANTASMA DEL VENCEDOR

Scoperti i documenti sul relitto di Porto Alabe

Nave spagnola con 74 cannoni affondò per la bufera nel 1810

"El Vencedor" era una nave da guerra lunga circa 60 metri. Aveva in dotazione 74 cannoni e diversi mortai, oltre ché munizionamento vario. Nel 1810 mentre navigava fra Gibilterra e Mahon ha dovuto affrontare una tempesta che progressivamente la mise fuori rotta, fino a portarla ad affondare in una tratto di mare antistante una spiaggetta nella costa di Tresnuraghes. Si sa che a cinque miglia dalla costa centro occidentale dell'Isola l'equipaggio, interamente composto da marinai inglesi, provvide ad una misurazione del fondale risultato pari a 22 "braccia", circa 35 metri.

La nave da guerra sparò alcuni colpi di cannone per chiedere un aiuto che non arrivò. Dopo aver disperatamente lottato con l'acqua che veniva imbarcata da più parti, l'equipaggio si arrese.

La nave da guerra era uscita dai cantieri navali di Ferrol, nel 1755, fatta realizzare dalla corona spagnola per rinforzare la flotta da guerra. Una cinquantina di anni dopo, secondo una relazione pubblicata nel 1849, riguardanti le navi da guerra delle quali si componeva l'armata spagnola, l'imbarcazione fu ceduta ai francesi in cambio dell'"Argonauta", una nave forse più moderna. Secondo la relazione fu però riacquisita due anni dopo e affondò nel 1810 a Cartagena.

Una notizia smentita dalla presenza del relitto nella piccola insenatura antistante la spiaggia di Tresnuraghes. Il tratto di costa fra la torre di Columbargia e la punta Alabe, ospita infatti quello che rimane del glorioso Vencedor, con i suoi segreti, i travagli e il tragico destino toccatogli, insieme al suo equipaggio. ( a. m. )


PORTO ALABE. Una storia lunga 200 anni. Intere generazioni di tresnuraghesi hanno chiamato un tratto di costa del litorale della marina di Tresnuraghes "Sa Barca ilfatta".

Ora finalmente si scopre il nome della nave che riposa sul fondale di questa parte dell'Isola: si tratta del "Vencedor", una nave da guerra risalente alla fine del diciottesimo secolo, in forza alla flotta spagnola, venuta ad affondare da queste parti dopo una lotta con il mare durata diverse settimane.

Era la fine del 1810, quando la piccola insenatura, resa caratteristica da due faraglioni che ne delimitano l'entrata, fa accolto i resti di una nave vinta dai marosi. Molti sanno che la zona di "Badd'ena" ospita l'imbarcazione anticamente affondata, ma è stata sempre incerta la provenienza. Fino a poco tempo fa era diffusa la versione, accreditata da alcuni storici locali, che parlava di una imbarcazione risalente al tempo delle incursioni moresche. Imbarcazione che sarebbe affondata nel tentativo di trovare un approdo nella piccola insenatura, magari per scaricare orde di pirati intenzionati ad attaccare le popolazioni della costa.

Una versione avvalorata dal fatto che effettivamente la zona è stata teatro di invasione da parte dei mori, i quali subirono anche una cocente sconfitta da parte delle popolazioni di Tresnuraghes e Magomadas che, per una volta unite, avevano sconfitto gli assedianti strappando loro il vessillo ancora oggi custodito nella chiesa parrocchiale di Magomadas. Ciò che è sempre apparso strano è che i tresnuraghesi non abbiano provveduto a tramandare un storia che per il tempo doveva per forza aver fatto scalpore. Una distrazione che non aveva aver convinto già ad inizio del secolo. Precisamente nel 1917, infatti, un piccolo gruppo di sommozzatori, cone le avveniristiche attrezzature dell'epoca cercò di saperne di più, organizzando una serie di immersioni finalizzate a scoprire l'origine della imbarcazione ed eventuali tesori che si credeva contenesse. Un antichissimo ritaglio di giornale dell'epoca parla della spedizione come di una impresa. Le speranze andarono deluse perché, nonostante le accurate ricerche, emerse che nulla era rimasto fra i rottami della nave e dunque per una altro lungo periodo sul relitto ridiscese l'oblio.

Oblio infranto nel 1980, quando una serie di immersioni condotte dai sommozzatori della sezione marittima dei carabinieri di Bosa, consentirono di recuperare un cannone da guerra incagliato fra la vegetazione marina ed i rottami del relitto a cinque metri di profondità. Il cannone ancora oggi è esposto nel piazzale antistante la caserma dei carabinieri di Bosa. Anche vent'anni fa però, non emerse la reale provenienza del naviglio. Il recupero del cannone non indusse nessuno a supporre che poteva trattarsi di parte dell'arsenale di una nave da guerra.

Fino a poco tempo fa, dunque, le conoscenze su "sa barca ilfatta" erano veramente minime. Il ritrovamento presso il museo di storia militare spagnola, della pubblicazione intitolata "Naufragios de la armada espanola" scritta dal capitano di vascello Cesareo Fernandez Duro, ha consentito di scoprire la verità.

El Vencedor era una nave da guerra dell'armata spagnola, uscita dai cantieri di Ferrol nel 1755. Era lunga circa 60 metri ed equipaggiata con 74 cannoni e diversi mortai. Nel 1806 – si legge nei documenti – fu ceduta ai francesi in cambio della nave "Argonauta", ma due anni dopo era di nuovo in forza alla flotta iberica. Nel 1810 agli ordini del tenete di vascello John Cook, fu equipaggiata, a Gibilterra, per trasportare alcuni convalescenti reduci da una epidemia di malaria. Dei disguidi, forse attribuibili alla burocrazia, evidentemente "padrona" anche all'epoca, fecero peò saltare il viaggio programmato.

Si sa, però, che oltre al comandante anche l'equipaggio, di settanta uomini, era formato da inglesi. Non è dato sapere perché questi fossero stati assoldati dai regnanti di Spagna o se i buoni rapporti tra questi ultimi e la Corona britannica favorissero lo scambio di equipaggi. Una cosa è certa.: tutta una serie di circostanze sfavorevoli e peripezie che sembrano partorite dalla mente di Emilio Salgari, in uno dei suoi romanzi di avventura, ha consentito che la nave diretta a Mahon, finisse sulla costa della Sardegna, sulla spiagge di Tresnuraghes.

Un naufragio di quelle proporzioni e la conseguente presenza, documentata, dei supersititi sul territorio di Tresnuraghes non è senz'altro passata inosservata. Occorre allora interrogarsi sul perché di una rimozione così clamorosa dalla memoria storica del paese.

Anthony Muroni

In "L'Unione Sarda" del Marghine-Planargia di martedì 1 febbraio 2000 pag. 24


COSI' EL VENCEDOR AFFONDO' DAVANTI A PUNTA ALABE

La nave da guerra del re di Spagna travolta da una tempesta, morirono 14 marinai

Un libro scritto da un ufficiale di marina spagnolo svela i particolari del naufragio del 1810

TRESNURAGHES. Il ritrovamento di documenti che danno finalmente un nome alla nave da guerra affondata nel mare di Tresnuraghes agli inizi dell'800, consentono ora di inquadrare con assoluta precisione storica la vicenda. Le carte recano una serie di notizie che raccontano la storia del "Vencedor" e le peripezie vissute dal suo equipaggio prima della tragica conclusione. Appurato che dal novembre del 1810 il relitto della nave da guerra spagnola riposa sui fondali del tratto di mare antistante la spiaggetta di Badd'ena, in territorio di Tresnuraghes, è significativo ricostruire come e perché quel naviglio ha trovato il suo ultimo approdo in questa parte della costa centro occidentale dell'Isola.

La pubblicazione "Naufragios de la armada espanola", scritta dal capitano di vascello Cesareo Fernandez Duro, dedica un capitolo proprio alla tragica vicenda del "Vencedor": "All'inizio del XX secolo – dice il documento – la penuria di personale costrinse la Marina spagnola ad avvalersi dei servigi di equipaggi inglesi. La Corona britannica, in quel momento alleata dell'iberica, forniva dunque il personale necessario alla navigazione dei legni, nonostante qualche comandante spagnolo non approvasse granché l'idea. In quel periodo erano comunque tante le imbarcazioni che venivano dismesse o destinate a servizi diversi rispetto al combattimento. Toccò anche al Vencedor che fu posto sotto il diretto comando dell'ammiraglio Purwis. Il 28 settembre 1810 il comando della nave passò al tenente di vascello John Cook che, dopo aver arruolato un equipaggio di settanta uomini, anch'essi inglesi, salpò scortato dalla barca inglese Rodney, alla volta di Gibilterra".

Una volta lìsi legge nei documenti – l'imbarcazione sembrò essere destinata a imbarcare un gruppo di cittadini spagnoli, convalescenti dopo una epidemia di malaria, ma all'ultimo momento il viaggio con destinazione Cartagena, saltò. Le due imbarcazioni salparono dunque alla volta di Mahon. Fino al 28 ottobre, secondo le notizie della pubblicazione, il viaggio proseguì con grande tranquillità, fino al presentarsi di una tempesta provocata da raffiche di vento proveniente da Sud-Ovest. Qualcosa si ruppe a bordo del Vencedor e la nave gemella Rodney fu costretta a lanciare una serie di gomene e funi per trainarla. Durante la notte si ruppe il timone e la nave iniziò ad imbarcare acqua. L'equipaggio ingaggiò una estenuante lotta, cercando di azionare a tutta forza le pompe che consentivano di evacuare l'acqua che le diverse falle apertesi continuavano ad imbarcare. Il cavo si ruppe e il Rodney si allontanò definitivamente nonostante il comandante Cook avesse dato ordine di sparare alcuni colpi di cannone per segnalare la presenza della nave in difficoltà. Dovettero viversi ore di profondo scoramento a bordo, con una nave incapace di resistere, da sola, alla furia del mare.

Il giorno seguente – si legge sempre nelle fonti del tempo – il temporale proseguì, rendendo infruttuoso l'alacre lavoro dell'equipaggio. Si persero le vele, un albero e anche le vele divennero inutilizzabili. A quel punto, come un miraggio in un deserto, all'orizzonte si materializzò la figura di una nave commerciale, che fu immediatamente richiamata con i razzi di segnalazione. Dopo una trattativa si risolse che l'imbarcazione commerciale avrebbe scortato "El Vencedor" verso un porto sicuro, ma con il favore delle tenebre, mancò alla promessa e scappò dalla vista del disperato equipaggio inglese.

Il 31 ottobre un forte vento di Nord-Ovest spinse l'imbarcazione verso le coste della Sardegna e verso mezzogiorno fu avvistata la baia di Bosa. Con alcune cannonate si chiese soccorso, si provò ad inviare un messaggio a terra, ma tutto fu inutile. Alle nove di sera i marinai misurarono il fondale, che era di circa trentacinque metri. Quasi contemporaneamente la nave iniziò ad inclinarsi su un lato. Le speranze di salvare il legno andavano spegnendosi ed allora l'equipaggio pensò di costruire delle zattere che avrebbero consentito, in caso di necessità, di abbandonare repentinamente l'imbarcazione. Il due di novembre, alle undici e mezzo del mattino, l'epilogo.

Lo scafo sembrò cedere di colpo e parte degli occupanti si fece prendere dal panico: in tanti, invece di attendere l'imbarco sulle scialuppe e sulle zattere, si gettarono in acqua. Quattordici marinai dei settanta che componevano l'equipaggio, perirono nell'abbandonare la nave, mentre gli altri riuscirono ad approdare, non senza difficoltà, sulla spiaggia di quel sito che da allora le popolazioni avrebbero chiamato "Sa balca ilfatta". Due ore dopo "El Vencedor", nave da guerra lunga quasi sessanta metri, affondava nello specchio d'acqua antistante Punta Alabe. Di quanti perirono in seguito alla sciagura non si hanno notizie.

Anthony Muroni

In "L'Unione Sarda" del Marghine-Planargia di mercoledì 2 febbario 2000 Pag. 24

Il Vencedor

IL FANTASMA DEL VENCEDOR

Scoperti i documenti sul relitto di Porto Alabe

Nave spagnola con 74 cannoni affondò per la bufera nel 1810


NIENTE CROCI PER I MARINAI

Resta il mistero sui corpi dei quattordici annegati

Nuovi particolari sulla nave spagnola affondata nel 1810

TRESNURAGHES. Poco più di un mese di navigazione, una battaglia senza sosta con le tempeste ed il mare diventato improvvisamente nemico e poi il tragico epilogo. Che fina ha fatto l'equipaggio del "Vencedor", la nave da guerra della marina spagnola, affondata nel 1810 nelle acque antistanti la spiaggetta di Badd'ena, in territorio di Tresnuraghes ?

Da molti anni si era a conoscenza del relitto tanto che nel 1980 era stato recuperato persino uno dei 76 cannoni che erano l'armamento di bordo. Attorno al legno si era crata una sorta di leggenda, ma nessuno era stato in grado di identificarlo. Sino a poco tempo fa quando sono stati scoperti i documenti che raccontano praticamente tutta la storia.

Si sa oggi che quattordici marinai dei settanta che componevano l'equipaggio (formato da spagnoli e inglesi) morirono annegati, non tanto per il naufragio in sé, ma per essersi fatti prendere dal panico ed essersi gettati nel mare in tempesta, invece di prendere posto ed aggrapparsi con tutte le forze alle zattere improvvisate. Dei quattrodici sfortunati non sono rimaste tracce.

Nel documento ritrovato in Spagna presso il Museo Militare, di loro non si parla, né si hanno notizie precise dalle nostre parti. Le verifiche effettuate dai carabinieri della sezione navale di Bosa, fra i più attivi nel condurre le ricerche sul veliero affondato, presso l'archivio diocesano non hanno portato frutti: nessun cittadino inglese è stato sepolto in quegli anni nel territorio di Tresnuraghes e nemmeno in quello di Bosa. Le spiegazioni a questo punto non sono molte: o i corpi non furono mai recuperati, oppure si decise di seppellirli frettolosamente proprio in quel tratto di spiaggia.

Maggiori chiarimenti potranno comunque arrivare dalle richerche in corso in Inghilterra e Spagna: si cerca di trovare notizie del comandante Cook, omonimo dello scopritore dell'Oceania, e su eventuali memorie da lui tramandate. Paradossalmente, tanto è misteriosa la sorte dei corpi degli sventurati che persero la vita nell'affondamento, tutto si sa, invece, dei cinquantasei superstiti: essi furono immediatamente soccorsi dalla popolazioni locali. In cambio dell'aiuto e dei viveri necessari al sostentamento nei giorni di permanenza nella zona, l'equipaggio cedette alle autorità dell'epoca l'armamento che fu possibile recuperare del relitto, insieme a tutti gli altri oggetti di valore che si erano potuti mettere in salvo.

Secondo una versione non confermata dal documento, fu lo stesso equipaggio inglese a cooperare con la manodopera locale nella realizzazione di un sentiero, su una costa particolarmente impervia, dominata da strapiombi coperti da folti cespugli di macchia mediterranea; sentiero utilizzato per trasportare con l'aiuto di buoi, i pesanti cannoni che fu possibile riportare a terra. Una settantina, secondo la versione più accreditata, mentre quattro o cinque rimasero su un fondale di circa cinque metri. Proprio uno di questi è stato recuperato nel 1980, dopo numerosi tentativi. Il documento dice che la nave gemella Rodney che dopo aver iniziato la traversata in coppia con il Vencedor, era stata portata lontana dalla tempesta, attraccò nel porto di Cagliari, una settimana dopo l'affondamento della nave da guerra spagnola, il 9 novembre. Il capitano John Cook, i suoi ufficiali e il resto dei superstiti s'imbarcò proprio sul Rodney e lasciò l'Isola. El Vencedor fu depennato ufficialmente dal registro delle imbarcazioni in forza all'Armada Spagnola, il 20 dicembre 1810.

Del suo tragico approdo sulla costa della baia di Bosa, in territorio di Tresnuraghes, non rimasero grosse tracce. L'insenatura tra Punta Alabe e la torre di Columbargia, si chiamò da quel giorno "Sa balca ilfatta", senza che però nessuna notizia certa sulla su provenienza fosse tramandata dalla popolazioni locali. Sono dunque tanti i misteri da risolvere ancora sulla storia del glorioso Vencedor. Le ricerche condotte dall'operatore della Rai, il bosano Carlo Salezzari, a cui si deve la scoperta dell'antico documento in Spagna, dei carabinieri della sezione navale di Bosa e di tutte le persone interessate alla storia locale, potranno forse nei prossimi mesi sciogliere gli ultimi dubbi.

Perché il naufragio del Vencedor è stato rimosso dalla memoria storica dei tresnuraghesi ? E perché dei quattordici marinai morti non si ha notizia in alcun archivio ? E ancora, quale altro forse tragico avvenimento fece calare l'oblio su una fatto che all'epoca doveva aver fatto indubbiamente scalpore ? I resti del Vencedor, che quando il mare è calmo e la corrente è quella giusta possono ancora vedersi dalla spiaggetta di Badd'ena, custodiscono ancora gelosamente una serie di segreti che stuzzicano la fantasia di più di un appassionato di storia locale.

Anthony Muroni

In "L'Unione Sarda" del Marghine-Planargia di giovedì e febbraio 2000 Pag. 24



Il racconto di Salvatore Ganga e Attilio Mastinu

(serata presso Museo Casa Deriu)

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